DOMODOSSOLA -14-3-2025 -- Era gremita di spettatori Sala Falcioni ieri pomeriggio per il primo incontro del ciclo “Tra scuola e scienza. Incontriamo il futuro”, organizzato dagli istituti diistruzione secondaria superiore ossolani in collaborazione con il Lions Club, la Condotta Slow Food, Fondazione e Associazione Ruminelli e con il patrociniodel Comune di Domodossola e della Provincia del Vco. Vincenzo Barone, docentedi Fisica Teorica all’Università del Piemonte Orientale, introdotto dal professor Angelo Stanzione del Liceo Spezia, ha ripercorso i primi 100 anni di una disciplina scientifica spesso liquidata come astrusa e incomprensibile: la Meccanica Quantistica.
Decisamente soddisfatti gli organizzatori; all’inizio della conferenza abbiamo realizzato una videointervista ad alcuni dei dirigenti scolastici promotori del ciclo di incontri. Al termine abbiamo intercettato anche il relatore, chiedendogli una spiegazione sintetica sul tema della suarelazione; la Meccanica quantistica. Una disciplina difficile ma anche “di moda”per certi versi: la parola “Quantum”, ha detto fra l’altro Barone, è diventatauna specie di “passepartout” per attività di vario genere. “Nel tentare dicomprenderla – ha aggiunto – bisogna evitare di ricondurla a cose di senso comune o a modi di pensare “classico”; bisogna accettarne la novità ed il carattere di rottura totale con il pensiero scientifico precedente”. Barone ha ripercorso la storia secolare della Meccanica quantistica indicandone l’inizio nella pubblicazione, nel luglio del 1925, di un articolo di Werner Karl Heisenberg, giudicato illeggibile e incomprensibile da un futuro premio Nobelper la Fisica, Steven Weinberg. Una storia che ha anche la sua “preistoria”, dal 1900 al 1925: il periodo della "vecchia teoria quantistica", nel quale troviamo nomi come quello di Max Planck,iniziatore della Fisica quantistica, di Albert Einstein, di Niels Bohr.
Tutto partì dall’osservazione che i corpi, se riscaldati, emettono radiazioni, ha spiegato Barone. Planck scoprì che queste emissioni non erano continue ma avvenivano come “a pacchetti”, cui diede il nome di “quanti”, secondo una costante chiamata appunto “di Planck”. L’allora giovane Einstein ipotizzò che tale radiazione fosse composta da corpuscoli portatori di energia, che chiamò “quanti di luce”: Bohr utilizzò lo stesso concetto per spiegare la struttura della materia e la stabilità degli atomi, “fenomeno grazie al quale -osservava Barone- io sono qui a parlarvi e voi ad ascoltarmi”. Ad un certo punto, ha proseguito il relatore, Louis De Broglie propose di immaginare che anche gli elettroni sicomportino come onde; meglio, che siano accompagnati da onde; sembrava un'idea campata per aria ma era verificabile e sarebbe stata ripescata anni dopo. L’articolo di Heisenberg, che aprì la fase storica della Meccanica quantistica, fra il1925 e il 1935, fu capito solo da chi era a stretto contatto con lui e trattavanoquell’argomento come un problema, appunto, di Meccanica: come si muovono le particelle? Fra i pochi figurava anche Lucy Mensing, che intuì le possibili applicazioni pratiche della teoria. Nell’università di Gottinga – ha sottolineato Barone – c’era un clima di libertà di pensiero molto più che a Berlino e c’era spazio anche per le donne. La prima diffusione della nuova teoria avvenne a Como nel 1927, in un convegno informale e privato, perché a quelli ufficiali gli scienziati tedeschi non potevano partecipare; la Germania era potenza sconfitta nella Prima Guerra Mondiale. Si scopre in quel periodo l'indefinitezza della misura dell'energia di una particella: il nocciolo della Meccanica quantistica – ha spiegato Barone - è questo; indefinizione, interpretazione probabilistica, principio di indeterminazione. Noi non sappiamo più come conoscere le cose: in molte circostanze la meccanica predice delle probabilità, non fa delle previsioni esatte. Nel 1935 Einstein avrebbe cercato di demolire quella nuova teoria, ma così le ha dato un grandecontributo: voleva dimostrare che è incompleta, che non riesce a spiegare alcuniaspetti della realtà. La questione finì su un giornale, cosa che ad Einstein nonpiacque affatto.
Così ha proseguito il discorso di Vincenzo Barone; come racconto di una storia. Una storia nata dalla nata dalla collaborazione fra più studiosi, anche di generazioni diverse; giovani insieme ad altri scienziati più anziani. La fase successiva di questo percorso è quella della “Teoria dei campi”, negli anni '50 e ‘60 del secolo scorso; qui si registrò un progresso sperimentale a fianco di quello teorico; negli anni ‘60 i fisici riuscivano a manipolare i singoli atomi, i singoli fotoni. Dal 1964 ad oggi assistiamo aquella che Barone ha definito “rivoluzione quantistica”, con importanti esperimenti fra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. Il relatore ha parlato di “utilizzo della Meccanica quantistica per memorizzare stati quantistici delle particelle e trasportarli a distanza”: in sintesi, quello che chiamiamo “teletrasporto”e che sarebbe un trasferimento di informazioni sulle particelle, senza spostare fisicamente queste ultime. “Il motivo per cui non abbiamo ancora i computer quantistici, ha aggiunto Barone, è che un sistema quantistico se interagisce con l’ambiente perde le sue caratteristiche quantistiche”. Qui il discorso si è fatto decisamente difficile da capire perchi non è “addetto ai lavori”; quello che si sa, come ha ribadito lo stessorelatore, è che queste teorie hanno un impatto concettuale e filosofico enormeed aprono a potenzialità altrettanto enormi, non ancora esplorate. I computer quantistici avrebbero capacità di elaborazione smisurate, rispetto a quelli tradizionali. Alcune invenzioni però, secondo Vincenzo Barone, sembrano essere più che altro propaganda.
Mauro Zuccari