VERBANIA – 18.05.2019 – Dopo il centenario della fine
della Grande guerra, di recente con la grande Adunata nazionale di Milano è stato ricordato il primo secolo di vita dell’Associazione Nazionale Alpini, ma nella storia delle Penne nere ci sono vicende ed episodi ormai dimenticati, così come i nomi di chi morì in servizio, talvolta in situazioni che hanno dell’incredibile.
Come quello che accadde la sera di mercoledì 19 febbraio 1919 verso le ore 20,30 presso la caserma “Simonetta” di Intra, sede del presidio militare che ospitava Alpini delle classi più giovani impegnati nella ordinaria vita di guarnigione e al massimo con servizi di guardia ai cantieri militari della Linea “Cadorna” ormai quasi abbandonati sui monti del Verbano e dell’Ossola.
La Grande guerra era da poco conclusa, il Battaglione “Intra”, concluse le operazioni al fronte, era in Germania con compiti di occupazione. Eppure anche a guerra finita si poteva morire di naja, per un evento che ebbe dell’incredibile per la dinamica del fatto, ma che costò la vita al giovane Alpino valsesiano Luigi Podestà, travolto dall’esplosione provocata dal gas che ristagnava nelle vasche di scarico delle latrine della caserma.
La cronaca pubblicata sul settimanale locale “La Vedetta”, racconta che quella sera “…le case nei pressi della Caserma Alpini Simonetta vennero scosse dagli effetti di una detonazione spaventosa. ... I pochi che si trovavano in quell’ora nella grande casa dei soldati appena passato il primo panico … ispezionarono i molteplici locali e, giunti a quello assai vasto delle latrine si trovarono di fronte ad uno spettacolo terrificante. Un’esplosione aveva sconvolto tutto l’impiantito di cemento armato che ha uno spessore di cinquanta centimetri, contorte le grosse poutrelles scaraventando verso il soffitto materiali, serramenta e materia fecale. Si pensò subito che ci potevano essere delle vittime e purtroppo il timore aveva fondamento giacché un soldato era stato visto dirigersi poco prima a quella volta … Sparsosi l’allarme accorsero i Superiori, si fece l’appello dei presenti, che numerosi avevano risposto al richiamo della ritirata dopo avvenuto il disastro, che se anticipato, ne avrebbe potuto travolgere molti, e si avviarono i possibili lavori per la vuotatura della cisterna e per il ricupero della povera vittima che aveva trovato così oscura ed inopinata morte. … fin verso le sedici, ora in cui fu possibile estrarre il cadavere del misero giovane”.
Seguirono gli adempimenti legali, eseguiti presso l’Ospedale Militare situato al collegio San Luigi e dove la salma venne poi composta e vegliata dagli Alpini del presidio, visibilmente scossi per la improvvisa e tragica morte di un commilitone ed amico “che doveva ritornare giovedì alla famiglia che l’aspettava a braccia aperte”.
L’identificazione del corpo confermò che si trattava di Luigi Podestà, un giovane di Varallo Sesia, dove era nato nel 1900 e dunque appartenente ad una delle ultime classi chiamate alle armi sul finire della guerra, quando anche i minorenni misero le stellette e spesso finirono al fronte, come accadde in maniera massiccia ai “ragazzi del 99”, con riferimento alla classe di appartenenza.
Il destino aveva voluto che il giovane Alpino, in libera uscita anticipasse il rientro in caserma, declinando l’invito dei commilitoni a bere insieme “…l’ultimo goccio ‘della partenza’, affermando di non avere più di quattro soldi in tasca. Un unico amico che lo accompagnava giunto quasi alla meta non poté resistere alla tentazione di bere ed il soldato entrò solo, assestò il suo palio, vi distese la mantellina e scese, purtroppo, verso l’orribile tomba. … L’ipotesi che si è subito affacciata è quella d’una improvvisa esplosione di gas sprigionatisi dalla cisterna e provocata dal soldato coll’accensione di un fiammifero che ne illuminasse il cammino in luogo dove la scrupolosa pulizia non può essere mantenuta per il grande numero di persone alle quali serve”.
Tre giorni dopo la tragedia, di sabato si tennero i funerali del povero Alpino Luigi Podestà, a cui presero parte anche i rappresentanti del presidio e le autorità militari e civili, insieme a molti cittadini, tutti stretti intorno “alla famiglia che oggi in preda alla desolazione lo piange amaramente”, rendendo l’ultimo saluto ad un giovane che non finì al fronte solo perché la guerra era finita pochi mesi prima, ma che per una beffa del destino venne a morire a Intra in una circostanza incredibile e la cui memoria è affidata soltanto alle diafane pagine di un vecchio numero de “La Vedetta”.