1

tribunale 16

VERBANIA – 21.05.2019 – Non guidavo io l’auto,

ma la mia compagna. Non è stata sufficiente la dichiarazione dell’imputato e la testimonianza della convivente a evitare la condanna per guida in stato di ebbrezza a Marco Folli, conosciuto deejay del Verbano. Nell’agosto del 2017, attorno alle due, una pattuglia dei carabinieri di Premeno impegnata in un servizio di controllo sul territorio, vide transitare in zona Pontini, a Intra, una Peugeot al volante della quale due militari riconobbero Folli, che da poco s’era visto ritirare la patente. Seguirono il veicolo per qualche centinaio di metri e, pur perdendolo di vista per un tratto di strada tra le tortuose vie di Ghiffa alta, lo individuarono nei pressi del cancello di casa. Alla richiesta dei militari dei documenti rispose in maniera seccata, e rifiutò di sottoporsi all’alcoltest, motivo per cui fu denunciato per guida in stato di ebbrezza, dal momento che il codice della strada equipara il rifiuto al test alla fattispecie penale più grave della guida sotto l’effetto dell’alcol. Processato per questo reato e per il rifiuto a fornire le proprie generalità, difeso dall’avvocato Gabriele Pipicelli, s’è giustificato sostenendo che quella notte non guidava lui, ma la compagna. Che, a sua volta, avvisata delle conseguenze della falsa testimonianza, ha confermato di essere andata a prendere il convivente a una serata musicale a Stresa (che non s’era tenuta per il maltempo, ha testimoniato il titolare del locale), d’averlo riportato a casa ma, nell’urgenza di andare alla toilette, l’aveva lasciato sul cancello della loro abitazione, dove i militari –che, come detto, avevano perso di vista l’auto per qualche istante– l’avevano trovato. I due carabinieri hanno confermato al giudice d’aver identificato in Folli il guidatore, motivo per cui, nel proporre la condanna a 6 mesi (e l’assoluzione per il rifiuto a fornire le proprie generalità) il pm Anna Maria Rossi ha chiesto anche la trasmissione degli atti alla Procura per falsa testimonianza della convivente. Era buio e pioveva: i carabinieri potrebbero aver sbagliato in buona fede, ha sostenuto la difesa, contestato anche che, nel chiedere al suo cliente di sottoporsi all’alcoltest, non lo informarono adeguatamente dei suoi diritti. Il giudice non ha accolto la richiesta, condannando però l’automobilista alla medesima pena, convertita in lavori socialmente utili.

 

 

 

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Se prosegui nella navigazione di questo sito acconsenti l'utilizzo dei cookie.