Il caso del tabaccaio
di Pavone Canavese è diventato subito argomento mediatico/politico. Fiaccolate di solidarietà, dibattito sull’applicabilità delle legge sulla legittima difesa, riflettori sull’indagine, riflessioni su una cultura dell’odio che si starebbe diffondendo in questo periodo storico.
Due cose mi hanno colpito. La prima, legata al profilo del signor Iachi Bonvin, il tabaccaio. A sentire le dichiarazioni di chi lo conosce bene, non sembra proprio che sia stato mosso dalla cultura dell’odio, anzi appare profondamente scosso. Afflitto da un senso di colpa, probabilmente senza responsabilità. C’è da comprenderlo, perché la perdita di una vita umana è sempre una tragedia e questo va detto chiaramente. La seconda: il tabaccaio non ha deciso di tenere un’arma per giocare a fare il pistolero, ma perché costretto dopo una lunga serie di furti subiti. È stato costretto perché non è stato tutelato, da cittadino. Il caso, da un punto di vista giuridico, probabilmente si chiarirà in tempi non lunghi, anche perché l’approccio dei pm sembra equilibrato e refrattario alle strumentalizzazioni. Però qualcosa non ha funzionato a monte. Non è accettabile che un cittadino subisca 7 furti in 10 anni.
Buona domenica e buona settimana.
Roberto Cota